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Il Presidente della Commissione d’Albo nazionale dei Tecnici di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare, Salvatore Scali, spiega gli ambiti in cui questo professionista può essere un protagonista della medicina territoriale. E chiarisce: «A volte si ha la percezione che in alcuni nostri ambiti siamo stati un po’ erosi e questo per noi è un grande problema»

di primo piano nella trasformazione in atto nella sanità e nel potenziamento delle cure territoriali, con particolare riferimento alla telemedicina. È Salvatore Scali, Presidente della Commissione d’Albo nazionale dei TFCPC, a spiegare a Sanità Informazione come una professione prevalentemente ospedaliera (il 90% lavora in strutture pubbliche o private sia territoriali che ospedaliere, solo il 10% è libero professionista) possa rappresentare un valore aggiunto per la sanità del futuro

Il ruolo dei TFCPC nella rete “Hub&Spoke”

In tutto, gli iscritti all’Albo sono 1337 con forti concentrazioni a Roma e in Lombardia. Un numero troppo esiguo rispetto alle necessità «ma spesso – sottolinea Scali con una punta di amarezza – i manager delle aziende sanitarie preferiscono puntare su altri professionisti, come gli infermieri, perché sono ricollocabili in vari ambiti. Se quell’attività specifica non viene più intrapresa l’infermiere può essere convogliato su altre attività. Però anche noi abbiamo competenze in tanti settori: nel recupero sangue intraoperatorio, ad esempio, per evitare inutili trasfusioni con tutti i rischi associati. Possiamo intervenire, come abbiamo ricordato, nei diversi ambiti cardiologici sia diagnostici che interventistici, nelle terapie renali sostitutive per i pazienti che hanno insufficienza renale. Potremmo essere tranquillamente ricollocati anche noi, qualora in una terapia intensiva non venissero impiantati gli ECMO, mentre le nostre peculiari competenze non possono essere vicariate da nessuna altra figura professionale».

Una delle problematiche che più lamentano gli iscritti è proprio lo sconfinamento di altri professionisti in ambiti invece propri del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare. «L’argomento più invocato dagli iscritti è sicuramente la valorizzazione e l’esclusività delle competenze avanzate della nostra professione – conclude Scali -. Noi lavoriamo in team con tante altre professioni sanitarie. Ma a volte si ha la percezione che siamo stati un po’ erosi e questo per noi è un grande problema. Salvaguardare i nostri confini assistenziali vuol dire assicurare un’adeguata quota di assunzione, di risposta al mercato e soprattutto ai bisogni di salute del cittadino. Il nostro profilo professionale è stato fatto tanti anni fa e l’evoluzione della professione ci vede in prima linea: oggi questo profilo va rivisto. Il fatto che adesso c’è un Ordine che possa in qualche maniera tutelare i professionisti è un fatto estremamente positivo»